mercoledì 23 ottobre 2013

Vegfest London

Ho rimandato a scrivere questo post un po' per pigrizia (selezionare e ridimensionare le foto, diciamocelo, una palla) un po' perché ho il mal di Londra e vorrei essere ancora lì. Comunque ora mi sono decisa.
ATTENZIONE: LE SEGUENTI IMMAGINI VI FARANNO VENIRE UNA FAME BESTIALE.
Ok, vi ho avvertiti!
Iniziamo dal motivo per cui ero a Londra: già due anni fa ho partecipato con il mio stand al London Vegan Festival e volevo ripetere l'esperienza, approfittandone per fare una mini vacanza con Lorenzo.
Il festival non era lo stesso: diversa organizzazione, diverso nome, location molto più grande e più del doppio degli espositori, diecimila biglietti già venduti in prevendita, insomma per me che sono abituata ai piccoli eventi una cosa completamente nuova.
Dopo un viaggio della speranza con sveglia all'alba per andare ad Alghero, la mia paura di volare che si manifesta random, quattro valige pesantissime cariche di magliette, pullman, taxi e scarpinate arriviamo finalmente a Olympia per piazzare lo stand dalla sera prima e iniziamo a renderci conto di tutte le cose che ci siamo dimenticati. Momenti di sconforto e autocommiserazione, io che mi faccio prendere dai miei 10 minuti di pessimismo cosmico e metto in discussione tutta la mia esistenza, il mio lavoro, la mia persona eccetera eccetera; pensiamo di girovagare per comprare le cose dimenticate, che ci sembrano indispensabili, ma poi mentre camminiamo ritorno in me, mi ricordo che sono a Londra, decreto che se ce le siamo dimenticate non erano cose indispensabili (e sarà esattamente così) e decido di andarmene allegramente in giro rimandando al giorno dopo l'allestimento.
Camminando per Kensington High Street ci imbattiamo in Whole Foods, l'enorme supermercato biologico dai prezzi in molti casi proibitivi, fornito di qualsiasi bontà vegetale (e ahimè animale) biologica vi venga in mente. Decidiamo, visto che si è fatta quasi ora di cena, di andare verso Soho per mangiare qualcosa. Prima passeggiamo un po' e quando le gambe cominciano a cedere (siamo pur sempre in piedi dalle 5) interroghiamo Vegman (un'applicazione che dovrebbe indicarti il ristorante vegan, vegetariano o veg-friendly più vicino a te). Evidentemente però non è aggiornato, infatti ci manda al Vantra, in cui ero stata con Patrizia nel 2011, che risulta essere chiuso (stanno proprio buttando giù il palazzo). Accanto c'è il Govinda ma decidiamo di continuare a camminare e di dirigerci al Vitao, in cui non ero riuscita a mangiare l'altra volta. Lo troviamo strapieno e ormai distrutti ripieghiamo sul primo posto che ci capita davanti, Hummus Brothers.

Ci avevo già mangiato prima, mi ricapita la stessa cosa dell'altra volta (chiedo i felafel senza salsa allo yogurt e me li portano con, per poi sostituirmi gentilmente il piatto). La cameriera è italiana e si scusa in mille modi, ci rimarrà impressa perché molto gentile. Mangiamo felafel e hummus con pita, un patè di melanzane piccante con tahini, il tutto accompagnato da limonata e succhi freschi.
La voglia di girare ancora per Londra ci sarebbe, le forze no, anche perché le dovevamo conservare per il festival. Torniamo in hotel e ce ne andiamo a nanna.
Il giorno dopo sveglia presto, camminata piacevole perché senza bagagli, allestimento dello stand che pareva infinito (non so più quante volte avrò cambiato la disposizione di ogni cosa) e, finalmente, apertura al pubblico!


Due giorni intensi di mal di piedi per lo stare in piedi, mal di testa per lo sforzo di parlare e pensare in inglese, incontri interessanti, nuovi clienti, visite di tantissimi italiani tra cui anche una ragazza sarda.
Le t-shirt sono piaciute molto, specialmente eat different, mangeresti il tuo cane/gatto (in versione inglese per l'occasione) e vegan family (in assoluto quella che ho venduto di più) e moltissimi le hanno fotografate. Considerando la presenza di tantissimi altri stand di abbigliamento e t-shirt sono stata molto soddisfatta delle vendite, ma non è stato tutto rose e fiori! Come succede anche in Italia, non è automatico che chi è vegano o vegetariano sia anche attento ai temi ambientali e del lavoro, quindi è capitato anche qui che ci si lamentasse del prezzo troppo alto nonostante i miei prodotti siano tutti equosolidali e biologici, quindi di qualità decisamente superiore rispetto alle t-shirt vendute a 10 o 15 euro fatte di poliestere e senza nessun controllo sul benessere dei lavoratori. Ci sono state però tante persone che hanno capito il valore aggiunto, oltre alla bellezza o meno del messaggio e del design, il che mi ha fatto molto piacere.
Moltissimi poi erano lì solo per mangiare (solo con gli assaggi ci si poteva tranquillamente saziare) e hanno preso le nostre cartoline e i nostri biglietti da visita e abbiamo preso molti contatti tra cui quello di un negozio di cui vi parlerò dopo.
Sotto vedete qualche immagine del mio stand e di alcuni clienti che si sono fatti fotografare o mi hanno inviato le foto in seguito.



































Ora però passiamo alla parte dolorosa, quella in cui vi faccio venire fame e voglia di andare al Vegfest (che si ripeterà a Bristol, Brighton e Londra nel 2014). Come vi ho anticipato c'erano assaggi di qualsiasi tipodagli affettati, i formaggi e le salsicce vegetali passando per le barrette crudiste, i frullati dimostrativi di Omniblend (frullatore per miliardari in stile Vitamix), il muscolo di grano, il latte di cocco o di canapa, il cioccolato. Qualsiasi cosa insomma.
E per chi, come noi, non si sazia con un assaggio o ha poco tempo per girare tra gli altri stand, era reperibile qualsiasi tipo di pasto, dal panino al sushi passando per il crudismo. Il primo giorno siamo andati di rotolo con felafel (evidentemente i ceci del giorno prima non erano abbastanza) veramente buono e merenda a base di biscotti e cupcakes di Ms Cupcakes, che però si sono rivelati troppo dolci persino per due cicciovegani come noi. Buonissimo il biscotto, ma l'interno decisamente stucchevole al limite del mal di denti, così come il cupcake. La sera a cena, veramente stanchi, ci fermiamo in un negozietto pachistano e compriamo pane e mostarda con cui ci faremo il panino direttamente in hotel con i salamini vegani comprati al fest.
Il giorno dopo a colazione ripiegheremo su torta e muffin di Heavenly Cake, decisamente più mangiabili, anzi proprio buone, accompagnate con latte di cocco. A pranzo altro panino fai da te con altre prelibatezze comprate negli stand al volo. Poco tempo per fare file e per mangiare in generale, tanto che ci perdiamo uno dei must di cui parleranno tutti alla fine del festival, cioè gli hotdog di The Mighty Fork!
Prometto solennemente di tornare a Londra solo per mangiarne uno.
Un'altra cosa che ci stavamo per perdere, fortunatamente salvati da Annalisa e Roberto, i nostri vicini di casa vegan di Olbia, anche loro a Londra in quei giorni, che ce ne hanno gentilmente portata una.
Erano delle magnifiche (e davvero squisite) paste vegane, di cui vi incollo una foto non mia ma di un altro blog, proprio perché a noi erano completamente sfuggite. A quanto pare lo stand si chiamava JP Turner e si trattava di un pasticcere tradizionale che si cimentava nella pasticceria vegana, riuscendoci in pieno. Potete trovare le sue bontà anche da Vegan Cross a King's Cross.
La cosa che non avrei voluto mangiare: la pila gigante di patate fritte, denominata twisted potato, veramente fritta male, tutta molliccia, che infatti dopo un po' ho buttato via.
JP Turner Vegan Cream Cakes are Dairy-Free and Egg-Free









E ora un po' di Italian Pride: erano tantissimi (non sono riuscita a fotografarli tutti) gli stand italiani al fest.
Nella foto vedete: Orzo cofee, che propone un'ottima alternativa al caffè esportando il tradizionale caffè d'orzo non conosciuto all'estero, la magnifica Carolina di Cammina leggero con le sue bellissime scarpe, Muscolo di Grano con un mastodontico arrosto, GreenLife con la moda ecologica made in Italy, Io al mio stand con Annalisa e Annalisa e Nefer che si fanno massaggiare in uno degli stand.

La sera, stanchi ma motivati e ancora affamati, cercheremo di andare al 222 Veggie Vegan con Roberto, Annalisa e Nefer. Dopo aver camminato bestemmiando per parecchi chilometri lo troviamo aperto, ma è solo un abbaglio: dentro ci sono solo i dipendenti, la cucina è chiusa. Momento Carramba in cui incontriamo un ragazzo che ha lavorato tutto il giorno allo stand 
di Wheaty e ora lavora lì. Ci dirigiamo di nuovo verso Soho, è un'orario inconcepibile per gli inglesi e infatti e quasi tutto chiuso. Di culo becchiamo il Maoz aperto, a conferma del fatto che i ceci salveranno il mondo. Give peas a chance, come recita il geniale slogan di Hummus Bros. 
Pita strapiena di felafel, salse e verdure, dopo la faticaccia del giorno e della sera ci sta.
Prendiamo un taxi, salutiamo gli amici che purtroppo andranno via la mattina dopo e ce ne andiamo allegramente a dormire, liberi dal fest e con due giorni liberi per fare i turisti.

Camminate a Kensington Gardens e Hyde Park, foto ai volatili, scarpinata per arrivare alla Tate Modern trovandola chiusa, perdersi perché Lorenzo ha preso il treno e io sono rimasta chiusa fuori. Non ci siamo fatti mancare nulla, insomma, comprese le immancabili mangiate vegane.
1. Colazione da Whole Foods con cappuccino di soia, succhi di frutta, barrette al cioccolato e uvette, biscotti allo zenzero, cheesecake crudista di Saf (il ristorante al primo piano di Wholefoods del quale trovate molti dolci nel banco frigo). Tutto buonissimo, specialmente la cheesecake.

2. Dopo essere andati in giro tutto il giorno, supportati dall'energia della colazione abbondante, abbiamo iniziato a sentire fame verso le 16 e ci siamo ritrovati per caso davanti al Mildred's, senza sapere che sarebbe stato il pranzo migliore di tutta la vacanza. Lorenzo si sentiva salutista ed ha optato per un'insalata detox con tofu e germogli accompagnata però da birra biologica (a detta sua molto buona). Io mi sentivo il solito pozzo senza fondo e ho optato per una specie di torta salata (ale pie) con dentro porcini e funghi misti, con contorno di patate dolci fritte e purè di piselli. Veramente eccezionale, porzione enorme. Contando che ci avevano già portato del pane molto buono che avevo divorato intingendolo nell'olio e nell'aceto balsamico potevo anche dire basta, ma che fai ti privi del dolce? Lorenzo, sempre più salutista, dice di no anche al dolce, mentre io vado con una tarte tatin alle pesche con gelato alla vaniglia. Ci metteranno mezzora a portarmela, tanto che stavamo per andare via (stranissimo perché per il resto il servizio era molto veloce), ma ne varrà davvero la pena. Sbavo ancora al pensiero.

Visto che avevamo finito di pranzare alle 5 non ci sembrava il caso di mangiare a cena perciò dopo il buco nell'acqua alla tate e aver camminato diversi chilometri lungo il fiume fino a London Bridge e di nuovo da Kensington fino all'Hotel decidiamo di fermarci da Tesco e comprare qualcosa per gli attacchi di fame notturni: pane, felafel (amore, ti sei accorto che oggi non abbiamo mangiato ceci?), insalate, schifezze varie.
La mattina ripartiamo alla grande da Portobello, facendo colazione da The Grain Shop: grande varietà di dolci e salati vegan tra cui ottime torte e biscotti. Ne prendiamo una al cocco e datteri e una ai frutti di bosco più biscotti, tutto davvero buono e genuino.



























Dopo il tour di Portobello e dopo aver comprato un bellissimo vestito che si romperà poco dopo, ennesimo indizio del fatto che chi risparmia spreca, ci siamo diretti verso Camden con una missione oltre a quella turistica: visitare the Third Estate, un negozio di abbigliamento e scarpe esclusivamente  vegan, fairtrade, bio e ecologico, quindi adattissimo per ospitare le mie magliette. Con la mia valigetta a seguito ho mostrato la mercanzia ai gentilissimi e giovanissimi proprietari, che come me e Lorenzo pensano che sia perfettamente inutile e senza senso stampare un messaggio vegan su una maglietta che sfrutta i lavoratori e inquina. Risultato dell'operazione: venderanno presto le mie magliette, quindi se vivete a Londra e siete interessati fateci un salto! Nel negozio troviamo anche uno splendido vestito in cotone bio e delle ballerine vegetarian shoes per me e una cintura vegan per Lorenzo. Ce ne andiamo soddisfatti e ci mettiamo alla ricerca di un pasto, che consumeremo al Loving Hut di Camden: antipasto di ravioli alle verdure, hamburger di finto pollo per me e di finto pesce (impressionante la somiglianza di sapore e consistenza) per Lorenzo, accompagnati da porzioni gargantuesche di patatine fritte e insalata. Tutto squisito. Finiamo con un gelato abbastanza buono. 
Prima di andare via un ragazzo molto simpatico dello staff ci fa i complimenti per le magliette. Avendo la valigia con me gliene mostro un po' e alla fine compra quella del cane e mette i miei bigliettinda visita sul bancone!
Ormai è quasi sera e torniamo esausti verso Kensington dove ci fermiamo a prendere qualche regalino e a farci un'insalata da Wholefoods (con dentro ovviamente mestolate di hummus) da consumare in hotel. Abbiamo la sveglia a dir poco presto, le due del mattino, per poter prendere un autobus per Stansted alle 3. La stanchezza mi gioca brutti scherzi: prima porto dietro le chiavi dell'hotel, che affiderò al tassista, poi non trovo più il mio biglietto. Attimi di panico. Alla fine tutto ok. Si parte e si torna a casa, dove Bia ci aspetta felice, anche se era stata accudita alla grande da una nostra amica e dai miei genitori. Mia madre ormai le cucina qualcosa ogni giorno, estasiata dalla sua passione per il vegetali!
Ora basta fiere per un po', mi sto concentrando sulle nuove felpe e i nuovi prodotti che saranno ordinabili tra poco! State in allerta! 
Vi è venuta fame? 






5 commenti:

  1. I ceci sono la salvezza dei vegan nel mondo :D
    Favolosa fiera e favoloso resoconto!

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  2. Chiara lasciatelo dire: sei amorevolente odiabile!!!
    Finito il tuo post sento l'istinto di andare a Londra il prima possibile ,ma quanto sarebbe bello però andarci durante il fest ed unire un paio di gg di vacanza come avete fatto voi?! Che invidia...e che fame ,sì è vero lo ammetto sei riuscita a farci sbavare :D
    Se mai partirò quando partirò mi stamperò tutto il tuo post (Guida Mondadori? No ChiaraLaScura?! Hay Hay Hay..."
    Troppo felice per il negozio figo londinese che ti spaccia la roba!!!
    Ora...posso avere una cupcake??!!??!!

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    Risposte
    1. Dai la prossima volta ci andiamo insieme!
      La guida Chiaralascura la voglio con la mia panza in copertina :D
      Cupcake in arrivo, te lo lancio dall'isola ;)
      Un bacione cara.

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  3. Che bel reportage! So che sto per dire una cosa molto brutta, ma ho dovuto fare avanti veloce con le foto del cibo perchè a quest'ora non ce la posso proprio fare. E sapere lo sbattimento che hai dovuto affrontare per ridimensionarle, un po' mi ha fatto sentire di cacca. Ma in un orario normale, prometto che me le studierò tutte.
    Complimenti per il tuo stand! La magliettina color melanzana, eat different, che ho preso due anni fa a pozzolatico me la invidiano sempre tutti!

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